INVESTIGAZIONI PRIVATE - SE IL REDDITO DEL PADRE DIMINUISCE, VA RIDOTTO L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER IL FIGLIO
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La Corte di cassazione Civile, sezione I, con ordinanza n. 19288 del 14 luglio 2025, ha stabilito che in tema di contributo al mantenimento dei figli, il giudice deve valutare in concreto le risorse economiche attuali di entrambi i genitori, ai sensi dell’art. 337-ter, comma 4, c.c., considerando anche eventuali mutamenti della situazione reddituale, indipendentemente dal fatto che tali mutamenti siano frutto di scelte unilaterali, purché motivati da esigenze economiche reali e documentate. È pertanto errata la decisione che confermi un assegno di mantenimento senza una verifica attuale e comparativa delle condizioni economiche delle parti. Un padre con 1.400€ di stipendio e 700€ di mutuo non può essere condannato a versare 600€ di mantenimento per il figlio. La Corte di Cassazione annulla la decisione, ribadendo che l’assegno deve essere proporzionale e sostenibile, non una condanna alla povertà. Vivere con 100 euro al mese, dopo aver pagato il mutuo e l’assegno di mantenimento per il figlio. È questa la prospettiva a cui una sentenza di merito aveva di fatto condannato un padre separato, con uno stipendio di 1.400 euro. Una situazione economicamente insostenibile che la Corte di Cassazione ha censurato con forza, annullando la decisione e riaffermando un principio di civiltà giuridica e di puro realismo. Con l’ordinanza n. 19288, depositata il 14 luglio 2025, la Suprema Corte ha stabilito che l’assegno per il figlio deve essere sempre e comunque proporzionato ai redditi attuali dei genitori e non può mai trasformarsi in una sanzione che spinge il genitore obbligato al di sotto della soglia di sussistenza. La sentenza è una durissima bacchettata ai giudici che basano le loro decisioni su giudizi morali circa le scelte di vita dei genitori, invece che sulla fredda ma necessaria analisi della realtà economica.