INVESTIGAZIONI AZIENDALI - LICENZIAMENTO PER INSUBORDINAZIONE
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Cass. 23565 – 19.08.2025 - Una società di vigilanza privata contestava a una propria guardia giurata una serie di addebiti disciplinari. Nello specifico, al lavoratore veniva imputato di aver prestato servizio in tre diverse occasioni senza una radio trasmittente funzionante, un dispositivo essenziale per la comunicazione e la sicurezza. In una di queste giornate, inoltre, non aveva con sé nelle immediate vicinanze il giubbotto antiproiettile e indossava sulla divisa mostrine e manette non autorizzate. Queste mancanze, considerate gravi dall’azienda, hanno portato all’avvio di un procedimento disciplinare conclusosi con il licenziamento del dipendente per giusta causa. Il caso è approdato in tribunale, dove il giudice di primo grado, pur riconoscendo la veridicità dei fatti, aveva ritenuto il licenziamento una sanzione sproporzionata, considerandola non sufficientemente grave da giustificare la perdita del posto di lavoro. Di parere opposto è stata la Corte d’Appello. I giudici di secondo grado hanno riformato la prima sentenza, dichiarando legittimo il licenziamento. Secondo la Corte territoriale, i sei addebiti contestati non erano semplici negligenze, ma configuravano una vera e propria insubordinazione. La gravità della condotta è stata valutata sia dal punto di vista oggettivo (la pericolosità intrinseca nel non avere strumenti di sicurezza in un lavoro di vigilanza) sia soggettivo (la deliberata indifferenza del lavoratore verso le precise disposizioni aziendali, aggravata da precedenti sanzioni disciplinari). Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due punti:
1. Le sue azioni erano al massimo qualificabili come negligenza, punibile con una sanzione conservativa (come una sospensione) e non con il licenziamento.
2. La sanzione del licenziamento era comunque sproporzionata rispetto ai fatti commessi.
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, confermando la decisione della Corte d’Appello e fornendo un’analisi approfondita del concetto di insubordinazione.
Questa ordinanza rafforza un’interpretazione ampia del concetto di insubordinazione. Non è necessario un plateale atto di sfida per incorrere in un licenziamento per insubordinazione; è sufficiente una condotta reiterata che dimostri una consapevole noncuranza delle regole aziendali, specialmente quando queste sono poste a tutela della sicurezza del lavoratore stesso e di terzi. La decisione sottolinea come la valutazione della gravità di un comportamento debba tenere conto del contesto lavorativo e delle responsabilità specifiche del dipendente. Per i datori di lavoro, è un’ulteriore conferma dell’importanza di avere regolamenti chiari e di applicare con coerenza il sistema disciplinare.